venerdì 11 novembre 2016

LA BANDIERA NERA


“Cercammo un simbolo. Il tricolore era stato troppo profanato dalla retorica patriottarda dei partiti costituzionali, e rappresentava ancora la viltà miserabile miserevole e miseranda dei governi demo-liberali che si nutrivano di miscele d’oppio e di cantaride, lasciando imbordellare l’Italia e prostituire il suo destino…..
Allora scegliemmo il nero vessillo degli Arditi, che aveva preceduto gli assalti oltre le trincee di carne umana del Grappa e sull’altra riva del piave gonfia di sangue
Aveva il colore “della morte che infutura la vita”, e per questo l’abbiamo prediletto; era il simbolo della nostra disperazione e della nostra ferocia, e ci pareva che in esso risplendesse tenebrosa e tremenda la “voluttà di morie” che arroventava i nostri sensi di giovani gagliardi pronti a tutto
Erano i tempi in cui nelle nostre canzoni non ricorrevano i temi dell’amore, del piacere e della gioia, ma risuonavano cupe parole apocalittiche: “pugnale”, “bomba a mano” trovavan rime che facevan rabbrividire le timorate nonché vigliacchissime anime dei conservatori pronti a ceder tutto pur di conservare le ghirbe flaccide e graveolenti
Il ritornello spavaldo echeggiava risolutivo ammonitore e terribile come la cannonata, e volgeva in fuga le mandrie imbestialite del socialismo gaglioffo e vigliacco”
(Luigi Freddi, “Bandiere nere, contributo alla storia del fascismo”, Roma 1929)